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La prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali dipende dalla conoscenza e dalla consapevolezza dei rischi ai quali si è esposti durante lo svolgimento delle attività lavorative e dalle misure di prevenzione e protezione messe in campo per migliorare le condizioni di lavoro. In alcune attività il rischio da agenti tossici o patogeni è spesso sottovalutato in molti luoghi di lavoro. Le materie prime o i macchinari utilizzati per la produzione, i rifiuti organici, la polvere organica, gli animali, le sostanze chimiche e vegetali, la scarsa igiene o la cattiva gestione degli impianti di climatizzazione possono essere fonti di contaminazione biologica molto pericolose.

Secondo la definizione del Decreto legislativo 81/2008 (articolo 267), per agente biologico si intende qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni. Ma possono essere presenti anche altri organismi potenzialmente responsabili di infezioni o allergie, come zanzare, zecche, pulci, blatte, acari, ratti, pollini, peli e forfore.

Gli allergeni possono essere inalati, ingeriti o semplicemente toccati. Tanto più è elevata la concentrazione della sostanza allergizzante, la frequenza di esposizione e la durata, tanto più è alto il rischio di sensibilizzazione e di reazioni cliniche importanti. Una volta che il sistema immunitario si è sensibilizzato, i successivi contatti con l’allergene possono indurre risposte di tipo e gravità differente, come irritazione delle mucose, starnuti, rinite, eczema, asma e perfino shock anafilattici dalle conseguenze a volte letali.

Il datore di lavoro è tenuto a valutare il rischio per la salute dei lavoratori derivante dall’esposizione, anche potenziale, agli agenti biologici deliberatamente o occasionalmente presenti nell’ambiente di lavoro. Per stimare l’entità del rischio è necessario identificare i pericoli anche potenziali, stimare la gravità delle conseguenze derivanti dall’esposizione a tali pericoli, identificare e quantificare i soggetti esposti e misurare l’entità di tale esposizione. Al termine del processo di valutazione del rischio il datore di lavoro è tenuto a predisporre gli interventi necessari alla riduzione, o eliminazione laddove possibile, dell’esposizione agli agenti biologici pericolosi e ad adottare le misure di prevenzione e protezione più idonee, commisurate all’entità del rischio.

Per malattia professionale si intende una patologia le cui cause sono da ricondurre all’attività svolta o all’ambiente di lavoro.

Alcuni agenti inquinanti causano importanti malattie. Quelli dispersi nell’aria causano in primo luogo malattie a carico dell’apparato respiratorio, ma non solo. Alcune di esse sono molto gravi e hanno un esito di solito infausto. Questo è il caso per esempio del mesotelioma causato da esposizione ad amianto ed erionite. L’amianto, nonostante la messa al bando del 1992, è purtroppo ancora presente in alcuni ambienti di lavoro e di vita, in edifici pubblici e privati.

I dipendenti del settore privato e della maggior parte degli ambiti del settore pubblico hanno diritto ad un indennizzo o rendita INAIL e a tutti i benefici previdenziali previsti dalla legge. I dipendenti dei comparti sicurezza del settore pubblico avranno diritto alla cosiddetta causa di servizio. In entrambi i casi si tratta di un indennizzo del danno subito. I malati e i familiari dei malati di malattie correlate ad agenti cancerogeni e inquinanti hanno diritto anche al risarcimento integrale dei danni subiti.

Occorre fare una distinzione tra l’ambiente di lavoro e l’ambiente di vita. Le stesse sostanze si possono incontrare sia nell’ambiente di vita, sia nell’ambiente di lavoro. La malattia professionale a differenza dell’infortunio sul lavoro non ha un’origine traumatica e violenta ma è contratta nell’esercizio dell’attività lavorativa, protratto nel tempo e a causa delle lavorazioni esercitate. Nel caso di invalidità permanente, l’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione) eroga una franchigia se il danno biologico viene valutato come pari o inferiore al 5%. Con lesioni pari almeno al 6% si ha diritto all’indennizzo malattie professionali e, a partire dal 16%, anche dei danni da diminuite capacità di lavoro con rendita mensile INAIL.

Prendiamo un caso frequente come la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), che causa ostruzione bronchiale ed è solitamente associata ad una aumentata risposta infiammatoria cronica delle vie aeree e del polmone a particelle o gas nocivi. Gli agenti più coinvolti nell’eziologia della malattia possono essere chimici (IPA, fumi di saldatura, isocianati) o minerali (carbone, silice, fibre artificiali vetrose). Possono essere il carbone, le polveri di legno, il berillio, il cadmio, gli isocianati, le polveri di cotone, le polveri di grano e cereali, le polveri di legno e carta, i prodotti ammoniacali, i solventi organici, le polveri inerti (cemento, calcare, gesso, calce e altro).

Gli antigeni presenti negli ambienti di lavoro possono essere distinti in derivanti da funghi (muffe) e batteri, ma anche chimici. I principali agenti inquinanti inseriti nelle liste INAIL sono elencati nel sito apposito dell’ente. Se un lavoratore soffre di una di queste patologie, ha diritto all’integrale risarcimento dei danni: danni patrimoniali e danni non patrimoniali (esistenziale, biologico, morale, e in alcuni casi tanatologico e catastrofale). Quindi, un datore di lavoro deve garantire la salubrità degli ambienti ai suoi dipendenti e collaboratori migliorando anche la qualità dell’aria nei suoi ambienti al chiuso.