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Recenti studi di settore hanno confermato che in presenza di fonti interne e con bassi livelli di ricircolo dell’aria i livelli degli inquinanti riscontrabili negli ambienti indoor, in particolare i livelli dei composti organici volatili (COV), possono essere molto superiori rispetto a quelli rilevati all’esterno, talvolta anche 10-20 volte maggiori, come nel caso della formaldeide.

Normalmente, gli occupanti degli edifici risultano esposti non a una singola sostanza, ma a una miscela di sostanze inquinanti, in concentrazioni variabili nello spazio e nel tempo, emesse da sorgenti che possono essere differenti per numero e tipologia. D’inverno capita raramente di aprire le finestre per ricambiare l’aria, con l’effetto di un ristagno di polveri, gas inquinanti, odori, fumo di sigaretta, composti organici volatili, allergeni e agenti patogeni che spesso ci causano occhi e gola irritati, mal di testa, spossatezza, scarsa capacità di concentrazione, fino ad arrivare a vere e proprie patologie gravi come asma e tumori. A volte, per chi abita in luoghi ad alta densità di traffico, aprire le finestre è poco raccomandabile.

Negli ambienti al chiuso l’aria è spesso più inquinata di quella esterna.

Fonte: Piano Nazionale di prevenzione per la tutela e la promozione della salute nei luoghi confinati, Ministero della Salute, marzo 2000

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), circa 7 milioni di persone all’anno muoiono a causa dell’esposizione all’inquinamento atmosferico. La scarsa qualità dell’aria interna è stata collegata a una serie di malattie , tra cui asma, polmonite, cancro ai polmoni, malattie polmonari ostruttive croniche e malattie cardiovascolari. Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, l’inquinamento “indoor” è responsabile del 2,7% del carico globale di malattia nel mondo.

La qualità dell’aria interna è collegata all’aria (Indoor Air Quality), come definito dal Ministero della Salute, “… che si respira negli ambienti confinati, quali abitazioni, uffici pubblici e privati, strutture comunitarie (ospedali, scuole, uffici, caserme, alberghi, banche), ambienti destinati ad attività ricreative e sociali (cinema, bar, ristoranti, negozi, strutture sportive), mezzi di trasporto pubblici e privati…)”. Salvo rare eccezioni, le sorgenti d’inquinamento sono in massima parte artificiali: i materiali da costruzione e d’arredo, i prodotti per la pulizia, il riscaldamento. Un deodorante per ambienti rilascia costantemente dei composti organici volatili (COV), che sono tossici.

Arieggiare gli ambienti è un’ottima prassi, ma in certi casi le polveri presenti nell’aria esterna (outdoor) penetrano negli ambienti indoor contaminandoli. Principali sorgenti esterne sono il traffico veicolare, i fumi da riscaldamento degli edifici, le emissioni industriali, i pollini, le spore fungine, i frammenti vegetali e animali. Le condizioni micro-climatiche indoor (temperatura e gradienti termici, umidità relativa e velocità dell’aria) incidono. Il materiale particellare atmosferico (PM10 e PM2,5) è stato classificato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro tra le sostanze e miscele di Gruppo 1, ovvero come cancerogeno accertato per l’uomo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera principalmente le frazioni dimensionali PM10 e PM2,5, riportando per esse i valori guida da utilizzare nella valutazione della qualità dell’aria, in quanto penetrano e si depositano oltre la laringe e nelle vie aeree non ciliate. Mentre il PM 10 raggiunge solo i bronchi, la trachea e le vie respiratorie superiori, il PM 2,5 è in grado di penetrare negli alveoli polmonari con eventuale diffusione nel sangue.

Le raccomandazioni dell’Istituto Superiore della Sanità ci invitano ad aprire porte e finestre creando ricambio d’aria, ma anche ad utilizzare sistemi portatili di depurazione dell’aria tenendo conto della volumetria dell’ambiente, il layout, il tipo di attività svolta, il numero di persone presenti (vedi Rapporto ISS COVID-19 n.5/2020 Rev2 e n.11/2021). La scienza indica per le abitazioni 3 o 4 ricambi di aria ogni ora (secondo l’Università di Harvard T.H. Chan School of Public Health) da definire secondo la qualità dell’aria esterna, dal numero di occupanti e dalla ventilazione naturale presente.